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Enrico Negro fa sua la teoria della Memoria Dell’Acqua e la materializza in dodici straordinari pezzi Cercare di carpire la magia del rapporto che lega indissolubilmente il musicista con il...
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IL SOLE 24ORE

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SOLITUNES Non di sole collaborazioni vive il musicista: nasce Solitunes, indie che pubblica «solo dischi in solo» Se fate musica improvvisata e, una volta tanto, volete togliervi la soddisfazione di…

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ONDAROCK Gennaio 2016

Federico Marchesano

The Inner Bass

2015 (Solitunes Records) | avanguardia, minimalismo

La “Solitunes Records” è una delle più interessanti etichette italiane nate nel 2015. La loro missione è così descritta: “Un’isola deserta, un musicista, un microfono. Una dichiarata discriminazione di numero, mai di genere”. Come fossero proprio in un isola deserta i musicisti si accingono a iniziare un viaggio interiore che affronta le inquietudini e la paura della solutudine. Tra i tre album pubblicati dalla “Solitude Records” uno dei più interessanti è quello del contrabbassista, nonchè uno dei fondatori dell’etichetta, Federico Marchesano che – pur abituato a suonare in contesti di ensemble – si è cimentato in questo arduo e rischioso progetto. Marchesano, diplomato al Conservatorio G. Verdi di Torino, vanta decine di collaborazioni che spaziano da Roy Paci a Marco Minneman, solo per dirne alcune.

“The Inner Bass” è un lavoro che esplora – come suggerisce il titolo – il proprio strumento in profondità. Lo strumento a sua volta permette al musicista di intraprendere un percorso anche nella propria interiorità. Le corde del contrabbasso diventano strumenti per dialoghi non possibili con l’uso della parola. Grazie a espedienti tecnici (pizzicato o arco, distorsori e effetti) e a una grande cultura musicale, Marchesano riesce a creare un album che trasforma in opportunità quello che a lui stesso da giovane sembrava un limite; quello di non essere mai stato un musicista di genere. Questo gli permette di suonare, in un unico contesto, generi diversi che spaziano dalla musica accademica alla musica popolare.

Il percorso ci porta dai ritmi africani di “Afrobass” ai lenti ricami ambient di “Contrabutoh”. Il vertice assoluto, sia introspettivo che descrittivo, si raggiunge nei quattro brani “A journey to Sicily” che esplorano l’anima più sperimentale dell’album. Quasi una tetralogia che, tramite l’utilizzo di sovraincisioni e manipolazioni dei suoni, ci mostra un Marchesano ormai nelle vesti di vero compositore d’avanguardia. Partendo dalle inquietudini minimali di “La Cava di Modica” si giunge alle distorsioni di “Il Cretto” che concilia ritmi quasi metal (genere che Marchesano ascolta) a improvvisazioni noise.
La terza parte “Alfio u’ mutu” reintroduce cupi paesaggi minimali che si disperdono nelle spaventose dissonanze di “Gibellina Nuova”, brano di ricerca estrema in cui il suono del contrabasso diventa praticamente irriconoscibile, in quanto “preparato” in modo non dissimile al pianoforte del leggendario John Cage.

Ottimo inizo per la “Solitunes Records” che fa sperare in futuri sviluppi degni di attenzione.

(12/01/2016)

ROCKERILLA Dicembre 2015

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 CLASSIC ROCK MAGAZINE Nov. 2015

IL GIORNALE DELLA MUSICA Nov. 2015

SOLI E BEN ACCOMPAGNATI

I primi tre dischi di Solitunes, etichetta torinese che produce “solo dischi in solo”

L’idea non è forse nuova, ma la realizzazione e gli esiti meritano più che un cenno. L’etichetta si chiama Solitunes, nasce a Torino da un’idea dei contrabbassisti Federico Marchesano e Stefano Risso, molto attivi sia come accompagnatori che come improvvisatori, con il contributo di Francesco Busso (noto nei giri del folk piemontese e oltre, e anche grafico).
L’etichetta – spiegano i creatori – ha origine da una visione “un musicista su un’isola deserta con un microfono pronto per registrare davanti a sé”, e si propone di documentare “quasi come se si trattasse di una indagine scientifica, il percorso interiore che un musicista compie durante la registrazione di un disco in solo”.

Tre dischi inaugurano la serie. Tre cd stampati benissimo, con una veste grafica che riesce a rendere apprezzabile persino l’odiato jewel box (è tutto detto), con booklet ritagliati, o stampe direttamente sulla plastica. Sono un disco di chitarra sola e due dischi di solo contrabbasso.

Il primo porta la firma di Enrico Negro, chitarrista attivo soprattutto sulla scena del “nuovo” folk piemontese (Tendachënt, TradAlp, e il progetto “folktronico” Edaq, insieme fra gli altri ai citati Stefano Risso e Francesco Busso). La memoria dell’acqua contiene materiali eterogenei: un omaggio De Falla, rigodon e saltarelli, monferrine della tradizione piemontese e brani dal repertorio delle quattro province, una trascrizione di Monteverdi e una versione di “A cumba” di De Andrè – Fossati. Eterogeneità, ma grande senso di continuità, come di un discorso ininterrotto tenuto insieme da tocco e suono. La “costruzione di una voce italiana del chitarrismo acustico”, dice bene Andrea Carpi nelle note di copertina. Quasi una “voce piemontese” – o “nordovestina” – che guarda alla tradizione americana e soprattutto britannica (il solco tracciato da Bert Jansch e John Renbourne è sempre fertile) e che ha nella produzione recente italiana esiti analoghi (altrettanto originali) nel lavoro dei sardi Elva Lutza.

Più “di ricerca” nel senso classico del termine i lavori di Risso e Marchesano sul contrabbasso, ma senza mai cadere in quel fastidio che i dischi “di ricerca” possono suscitare a chi non pratica quello strumento (o quella particolare “ricerca”…).

Risso sceglie di lavorare con gli scarti, quello che “rimane fuori”: dai dischi, dal palcoscenico, dalle session. Lo recupera e lo lavora ma – avverte – “con soli processori di dinamica”, senza altri effetti elettronici. L’effetto, avendo in mente questa regola, è notevole e va nella direzione di una sorta di fascinoso glitch acustico, fra picchiettii, inquietudini (“Cumuli di foglie”) e aperture che ricordano i lavori di Colin Stetson sul sax baritono (ascoltate “L’angelo”).

Più “suonato” il lavoro di Federico Marchesano, ma altrettanto interessante per la sua capacità di tenere insieme mondi diversi e di spingere lo strumento verso suoni e effetti inattesi. A volte c’è qualcosa, nelle atmosfere, che richiama un post rock sinfonico, altrove oasi di serenità. Altrove ancora momenti più introversi di improvvisazione (fra cui una bella serie di ambientazione siciliana). Spiccano le parti distorte di “Contrabutoh”, che arrivano a turbare una costruzione fra il melancolico e l’inquietante.

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Enrico Negro fa sua la teoria della Memoria Dell’Acqua e la materializza in dodici straordinari pezzi

Cercare di carpire la magia del rapporto che lega indissolubilmente il musicista con il suo strumento. Catturare quest’arcana alchimia senza aggiungere effetti, senza sovraincisioni e senza che vi siano altri strumenti a turbarla. Renderla fruibile ad un pubblico disposto ad accogliere in sé l’idea di un viaggio introspettivo, che coinvolge in primis l’autore e subito dopo l’ascoltatore, sono alcune peculiarità che distinguono la neonata Solitunes Records dalle altre etichette discografiche.
L’artista è libero di spaziare fra i vari generi musicali, scegliere le tecniche che più preferisce per esprimere il suo estro e la sua creatività, usare tutta la sua sensibilità per raccontare e raccontarsi.
Una novità molto interessante nel panorama musicale che noi di SOund36abbiamo il piacere di presentarvi. Dei tre titoli dell’etichetta torinese, tutti molto belli e già disponibili, abbiamo scelto di raccontarvi il secondo, che è a firma di Enrico Negro e ha come titolo La Memoria Dell’acqua.
Il titolo è di per sé una dichiarazione d’intenti. Fa riferimento ad una teoria secondo la quale l’acqua avrebbe memoria dei luoghi e dei posti con cui viene a contatto. Una teoria non dimostrata, ma molto affascinante, che per traslazione può applicarsi all’esistenza stessa dell’uomo.
Enrico Negro la fa sua e la materializza in dodici straordinari pezzi. Il chitarrista piemontese, che lega la sua figura allo studio, alla divulgazione e all’interpretazione della musica tradizionale piemontese, occitana e mediterranea, accompagna l’ascoltatore lungo un sentiero musicale fuori dallo spazio / tempo. Passato e presente, tradizione e innovazione, memoria e Arte confluiscono, infatti, in un’esperienza intima e coinvolgente. Pezzi originali si alternano a tributi alla musica colta di Monteverdi e De Falla e a quella popolare. Il fingerstyle, la creatività e, soprattutto, la sensibilità dell’artista ridanno nuova linfa a pezzi le cui radici si perdono nelle nebbie del tempo.
La memoria, la circolarità del ricordo sono dunque… compiute!
Concludo evidenziando la ricercata linea del packaging che impreziosisce ancor di più un album che, ne siamo certi, sarà molto apprezzato dai puristi.

Tentacoli: corde e musica residua nel nuovo album di Stefano Risso

Il compositore torinese – che ha suonato con Meg, Gianni Coscia, Roy Paci e molti altri – inaugura l’etichetta Solitunes con un album totalmente dedicato al…

“La nuova etichetta Solitunes Records indaga il percorso interiore che un musicista segue nella solitaria realizzazione di un disco in solo. Due anni per la realizzazione di questo nuovo disco mi danno l’impressione di avere veramente scavato in quel tipo di solco”. Tentacoli, il nuovo disco di Stefano Risso, è il primo titolo del catalogo Solitunes Records e incarna in pieno la filosofia della neonata etichetta: un album totalmente solo, per contrabbasso solo. Un contrabbasso prodotto e lavorato da parte di Risso, che in quest’opera riflette su ciò che resta del suono, su come lo scarto possa diventare sostanza nobile, da animare completamente un disco.

Compositore, produttore, contrabbassista e docente, Stefano Risso è una figura poliedrica ed eclettica, che si muove fra musica strumentale (jazz, avant-garde) e vocale (rock, folk e d’autore), da solista e con gruppi come Barber Mouse e T.R.E.. Numerosissime le sue collaborazioni tra teatro, danza, videoarte e ovviamente musica: ha suonato con Stefano Battaglia, Gianni Coscia, Roy Paci, Francesco De Gregori, Lalli, Meg e collaborato con Subsonica e molti altri. Insieme a Federico Marchesano e Francesco Busso fonda Solitunes Records, che inaugura con Tentacoli, incentrato esclusivamente su suoni di contrabbasso acustici, con l’idea-forza di due distinte identità.

Il primo profilo di Tentacoli è composto da brani meno vincolati dal punto di vista formale, creati seguendo un percorso di composizione più convenzionale: “Da instancabile amante della canzone quale sono, ho sentito l’esigenza di inserire brani di cui fossero centrali i parametri di melodia ed armonia; in più, dopo il lavoro fatto con BarberMouse sui Subsonica, mi ero ripromesso di suonare L’Angelo, canzone stupenda, molto efficace arrangiata per basso solo”. Il secondo profilo si chiama Musica Residua ed è un esperimento avvincente: “Ho cominciato a suonare il contrabbasso liberamente, con differenti tecniche, in fase di postproduzione ho raccolto i suoni sbagliati, quelli che durante una sessione normale in studio tagli perchè errori, ad es. come l’arco che si alza dalla corda e involontariamente ne fa vibrare un altra. Ho cominciato a ordinarli e a provare a farne della musica, imponendomi il divieto di usare qualsiasi tipo di effettistica, fatta eccezione per i processori di dinamica. Una musica a tutti gli effetti riciclata che non butta nulla ma, al contrario, raccoglie quello che normalmente viene scartato”.

LA STAMPA

Paolo Ferrari

Il Sole 24 ore

di Francesco Prisco

Non di sole collaborazioni vive il musicista: nasce Solitunes, indie che pubblica «solo dischi in solo»

Se fate musica improvvisata e, una volta tanto, volete togliervi la soddisfazione di lavorare (e pubblicare) in solitaria, è nata la casa discografica che fa per voi: si chiama Solitunes, ha base a Torino e si propone di pubblicare «solo dischi in solo». Solitunes, si legge nel comunicato programmatico che ne accompagna il battesimo, «nasce da un’idea di Federico Marchesano e Stefano Risso, due contrabbassisti e compositori molto attivi nel panorama della musica improvvisata e non solo, ai quali si aggiunge successivamente Francesco Busso, ghirondista, attento indagatore della folk music e grafico. Solitunes ha origine da una visione: un musicista su un’isola deserta con un microfono pronto per registrare davanti a sé. Solitunes si propone di documentare, quasi come se si trattasse di una indagine scientifica, il percorso interiore che un musicista compie durante la registrazione di un disco in solo. Un viaggio all’interno di se stessi e della musica alla ricerca del proprio suono, della propria voce. Solitunes non si pone alcun confine di genere musicale. L’unico vincolo è numerico, l’impresa deve essere compiuta da un solo musicista. Solitunes realizza per i propri cd packaging originali e innovativi, con una scrupolosa attenzione alla qualità grafica, utilizzando diverse tecniche, dalla bomboletta spray alla fustellatura». Tre le prime uscite: «La memoria dell’acqua» di Enrico Negro (sola chitarra acustica), «The Inner Bass» di Federico Marchesano (solo contrabbasso) e «Tentacoli» di Stefano Risso (solo contrabbasso). Una indie colta e ambiziosa che – cosa sacrosanta – non rinuncia a un po’ di sana autoironia: si veda il manifesto para-avanguardista. Come dire: meglio soli che male accompagnati. Da qualche collega musicista improvvisato che non sa improvvisare.

 

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